Sono le ventitré e trentasette al settantadue di Via Cesare Battisti.
Il Piccolo Paesino è già avvolto nel silenzio, come sempre capita, a quest’ora, nelle fredde serate invernali.
Le feste natalizie sono state portate via da una signora con un grosso porro sul naso storto in sella a una scopa e, dopo le poche timide iniziative che rendono vivo un paese ormai destinato a spegnersi, le strade sono un deserto.
Sulla piccola mensola rossa, una copia di Dylan Dog – la numero 68, per la precisione, intitolata “Lo spettro del buio” – trema e batte i denti.
“Sessanto’, ma spiegami una cosa: cosa culo ti rileggi a fare se poi hai paura? Qui già è un miracolo riuscire a dormire, con quella bestia che russa sulla poltrona tutta la notte.
Mai che andasse a letto, oh.
Da dieci anni, ogni sera mi prende, mi spagina tutto, a volte nemmeno mi ripulisce, e si addormenta, bofonchiando nel sonno e condannando tutti noi al bianco. Ci mancavi solo tu che tremi pure quando lui non ci sta, cazzarola!” – si lamenta una vecchia copia appiccicaticcia di Playboy.
“Idiota, mica è paura. E poi ormai mi so a memoria, non mi spavento neanche più. Ho freddo, caspita. Hai sentito che freddo?”
“AAAAAATCCCCHUUUU!
Freddo:
/fréd·do/
aggettivo e sostantivo maschile
1.
aggettivo
Che ha una temperatura notevolmente inferiore a que..”
“Sì, signor Cani, lo sappiamo. Raffreddato?” – rispondono gli spillati, sporgendosi alla loro sinistra con uno sguardo onestamente preoccupato.
“Negazione, miei compagni di stazionamento. Ahimè, tutto questo vibrare sollevò un po’ di pulviscolo, e io, me tapino, soffro di acutissima allergia a cotanta lordura. E comunque, per esser chiari, sono TRECCANI. Il mio nome non indica una presenza di quadrupedi della famiglia dei canidi, bensAAAAAATCHUUU!” – un rumore di girar di fogli gli blocca la parola, e tirando su col naso, stanco, Treccani decide di non proseguire oltre. Odia ripetersi, ma gli manca il suo amico dei sinonimi e si fa quel che si può.
“Il freddo arriva, ad ogni anno più pressante
Ma non da fuori, e ciò è preoccupante!
È qui dentro che si gela, per colpa di un demente lestofante
Che ingannoso ci sottrasse dal calore della miglior gente” – poco più in là, accanto a un modellino di Ferrari Testarossa in scala uno a otto, un’antologia poetica allarga si strofina la quarta.
“Che vorrebbe dire? Oh, io non lo capisco mai quando parla questo qua!” – sbuffa il coniglietto erotico.
“Sta a significare, mio giovane amico dalle pudenda in mostra, che in questa casa, per noi, farà sempre freddo. È inevitabile.” – Treccani alza lievemente l’intonazione prima di chiudere la frase con un ulteriore starnuto prepotente – “Tu lo sai chi siamo. Tu lo sai chi è il nostro affittuario. Sai come siamo arrivati qui.”
“Ogni tanto me lo scordo… Preferisco non pensarci.” – Playboy si increspa un po’, triste e sconsolato, e si stringe a Sessantotto, che ancora trema e batte i denti.
Un rumore di chiavistelli annuncia lo spalancarsi della porta d’ingresso con uno scatto secco, e
i libri ammutoliscono, tornando inanimati.
Ne entra un ometto basso e puzzolente, con un grosso cappotto rattoppato e le unghie lunghe e sporche.
Si avvicina alla piccola mensola rossa, e da sotto il cappotto tira fuori un volume tutto nero senza titolo. Lo poggia lì, tra la Ferrari e l’antologia. Dà un’occhiata alla vecchia copia di Playboy ma decide che no, non stasera.
Stasera deve accendere il computer e mettere un giallo in vendita su un sito di libri usati, quindi anche il piacere cartaceo verrà sostituito con quello digitale.
Ma solo per stasera, perché lui è un tipo all’antica.
Ridacchiando si dirige verso la stanza da letto odorosa di fumo stantio e mutande sporche.
Dopo un iniziale sospiro di sollievo, Playboy realizza la triste conclusione che caratterizza le vite di tutti gli abitanti di quella piccola mensola rossa, rabbrividendo:
“Non importa che stagione sia… Fa sempre freddo a casa di un ladro.”